L’essiccazione o essiccamento è la separazione dell’acqua da un solido (in genere tramite evaporazione).
Nonostante la sua relativa semplicità e gli svariati campi di applicazione, richiede un monitoraggio costante ed efficace di un parametro ambientale molto conosciuto ma spesso poco compreso: l’umidità.
In questo articolo faremo luce sull’essiccazione e su come interpretare la misura dell’umidità durante il processo.
Da tempo immemorabile, una delle principali sfide della civiltà umana è stata la conservazione degli alimenti. Infatti, molte pietanze tendono a degradarsi con una certa rapidità, in modo particolare frutta, verdura e carne. L’uomo imparò rapidamente che gli stessi alimenti, se esposti a una fonte di calore, perdevano l’acqua contenuta e si conservavano più a lungo.
Fu così che nacque il processo dell’essiccazione.
Grazie all’essiccamento è stato possibile aumentare notevolmente la quantità e la varietà di alimenti a disposizione dell’uomo.
Ma se è vero che gli antichi impararono presto ad essiccare al sole o al fuoco svariate tipologie di cibi, il motivo scientifico per cui l’essiccazione è così importante è conosciuto solo da poco tempo.
Frutta, verdura, carne e altri alimenti non sono appetibili solo per noi esseri umani. Abbiamo infatti dei concorrenti che come noi si nutrono di carboidrati, grassi e proteine, ma sono molto più piccoli. Stiamo parlando dei microbi.
Per questi minuscoli esseri viventi gli alimenti sono delle vere e proprie oasi, dato che contengono i nutrienti di cui hanno bisogno per vivere. Quando entrano in contatto con un alimento, batteri, muffe e altri microrganismi iniziano a crescere e riprodursi fino a colonizzarlo. La sua struttura chimica viene quindi profondamente modificata. In genere, bastano pochi giorni a temperatura ambiente perché i microbi lo rendano non commestibile.
Tramite l’essiccazione gli alimenti perdono tutta l’acqua contenuta. Dato che l’acqua è alla base dei processi metabolici di tutti gli organismi viventi, un ambiente con pochissima acqua è ostile alla maggior parte di essi. Da oasi, il cibo viene trasformato in un deserto per i microbi ma mantiene la sua commestibilità per gli esseri umani.
Ecco il motivo scientifico per cui i prodotti a cui viene rimossa l’acqua diventano più sicuri e si conservano molto più a lungo.
Anche se i sistemi di essiccazione possono essere diversi e molto diversi tra loro sono i macchinari adibiti a questo scopo, le metodologie si basano su 2 principi di funzionamento fondamentali.
L’essiccazione termica consiste nell’asciugare gli alimenti mediante un aumento della temperatura. In questo modo viene favorita l’evaporazione dell’acqua contenuta nel prodotto.
Il più tipico esempio di applicazione dell’essiccazione termica è il forno.
In questo caso ad essere riscaldato non è il prodotto in sé ma un flusso di gas che viene rivolto verso il prodotto da essiccare. Il contatto tra le molecole del gas e il carico aiuta a togliere l’umidità a quest’ultimo.
Così descritto sembra un processo complesso, ma il principio è lo stesso su cui si basa l’asciugacapelli.
Se l’essiccazione è l’eliminazione dell’acqua da un prodotto, ne consegue che l’umidità è un parametro sostanziale da tenere monitorato durante tutto il processo.
L’umidità si può definire come la quantità di acqua disciolta nell’aria. Ma come si misura?
In genere si prendono a riferimento 2 grandezze:
Nella vita di tutti i giorni siamo abituati a prendere a riferimento grandezze assolute. Dobbiamo percorrere un tragitto? Calcoliamo la distanza in chilometri. Dobbiamo misurare la temperatura della nostra casa? Utilizziamo un termometro che ci indica i gradi Celsius o Farenheit.
Inoltre, siamo abituati a grandezze fisiche cumulative. A 1 kg si può aggiungere un altro kg e se ne ottengono due, così come un litro in aggiunta a un altro litro fanno due litri.
L’umidità relativa è, come suggerisce il nome, una misura relativa e quindi caratterizzata da 2 peculiarità:
Che cosa significa?
Partiamo dal fatto che nell’aria che respiriamo si può disciogliere una quantità variabile di vapore acqueo. La quantità di vapore acqueo contenuta nell’aria però non può crescere all’infinito, ma ha un limite.
Per capire di cosa stiamo parlando, immaginiamo di avere un bicchiere pieno d’acqua e di aggiungere del sale. Inizialmente il sale si discioglie nell’acqua. Ma se si continua ad aggiungerne, uno strato bianco inizia a depositarsi sul fondo.
Tecnicamente questa situazione viene detta saturazione, ed è la medesima condizione che accade con aria e vapore acqueo quando l’umidità relativa raggiunge il 100%.
Oltre questo punto le molecole di vapore acqueo non riescono più a rimanere in sospensione nell’aria, quindi iniziano a tornare allo stato liquido, condensandosi in gocce. Un fenomeno che conosciamo bene e che si presenta spesso in varie situazioni della nostra vita dove si riscontra un’alta percentuale di umidità.
In tutti questi casi, la presenza di condensa ci indica che è stata superata la soglia di saturazione del vapore acqueo. Quindi l’umidità dell’aria ha raggiunto il 100%. Di contro, possiamo avere un’umidità relativa dello 0% quando l’aria è completamente secca.
Tra questi due estremi ci sono varie gradazioni che possono fare la differenza e che, naturalmente, è possibile monitorare grazie ai data logger per umidità.
A questo punto sorge spontanea una domanda.
Non sarebbe meglio misurare la quantità effettiva dell’umidità?
Nella maggior parte dei casi il dato di umidità assoluta sarebbe poco utile.
Infatti, la quantità di vapore acqueo che l’aria può trattenere può variare in base a 2 condizioni:
Quindi, nella stessa quantità di aria si può disciogliere più o meno vapore acqueo in base alle condizioni di temperatura e di pressione. Questo renderebbe complesso utilizzare come metro l’umidità assoluta perché, a seconda delle situazioni, avrebbe un riscontro pratico diverso.
Ecco perché è utilissimo avere il riferimento dell’umidità relativa. Ci fa capire in un colpo d’occhio quanto siamo vicini o lontani dal punto di saturazione, a prescindere dalle condizioni.
Immaginiamo di avere un data logger che monitora il dato dell’umidità relativa in un essiccatore.
Inizialmente vediamo che l’umidità relativa sale in proporzione alla temperatura, raggiungendo il 100%. Questo è normale, dato che alte temperature favoriscono la ritenzione dell’umidità.
Se superiamo i 100°C ci accorgiamo di una cosa strana. Notiamo infatti che l’umidità relativa dell’aria diminuisce costantemente.
Come mai?
Per capire meglio cosa succede, dobbiamo prendere in considerazione due pressioni:
Quando l’umidità relativa è pari al 100%, la pressione parziale del vapore è identica alla pressione relativa del vapore.
RH = (Pw / Ps) * 100
Ma quando saliamo oltre i 100°C, l’acqua passa allo stato gassoso. Ciò significa che non riesce più a condensarsi. O meglio, non lo può fare in condizioni di pressione atmosferica normale.
Per poter vedere di nuovo goccioline di condensa formarsi a oltre 100°C, sarà necessario aumentare la pressione.
Quindi, noi sappiamo che la pressione parziale del vapore (Pw) rimane invariata, ma la pressione di saturazione aumenta.
Se applichiamo di nuovo la formula per ottenere l’umidità relativa, ci accorgiamo che oltre i 100°C la pressione di saturazione è sempre più alta della pressione parziale del vapore.
Di conseguenza, più si sale con la temperatura, più sarà basso il limite massimo dell’umidità relativa.
In queste condizioni estreme gli strumenti aumentano l’incertezza nel calcolare l’umidità relativa in modo lineare con l’aumentare della temperatura. Inoltre, diventa sempre più difficile misurare, dato che i componenti per la misurazione devono poter resistere anche alle alte temperature.
Un’azienda padovana specializzata in produzione di macchinari per l’essiccazione della pasta dura ci ha rivolto una richiesta particolare. Aveva infatti la necessità di misurare l’umidità durante i processi standard di essiccazione, in modo da verificare con una buona approssimazione la rimozione completa dell’acqua dalla pasta. Questa condizione è indispensabile per garantire una lunga conservazione per il confezionamento e la distribuzione.
Alcuni dei processi prevedevano temperature elevate, che potevano andare oltre i 100°C.
Nel nostro catalogo avevamo vari data logger per misurare l’umidità, ma nessuno era in grado di reggere a temperature così alte. Inoltre, il bizzarro comportamento dell’umidità relativa sopra i 100°C ci spingeva a ricercare nuove soluzioni.
Dopo una fase di studio, testing e selezione dei migliori misuratori di umidità resistenti alle alte temperature presenti sul mercato, è nato un nuovo logger.
Si tratta di RHTemp125. Data logger di umidità capace di monitorare l’umidità relativa da -40° fino a 125°C. viene gestito tramite software Windows.
Il prodotto è risultato perfetto per lo scopo prefissato. Oggi i datalogger Rhtemp125 vigilano sulle attività di essiccazione della pasta, permettendo una produzione che segue rigorosamente gli standard.
Questa esperienza ci ha portato alla creazione anche di un altro data logger, concettualmente molto simile a Rhtemp 125 ma calibrato per il monitoraggio di ambienti meno estremi: RHTemp80. Capace di misurare l’umidità relativa con temperature ambientali fino a 80°C, è già stato utilizzato con successo nel settore dei trasporti per la distribuzione di auto di lusso in Medio Oriente.
Rhtemp 125 e Rhtemp 80 nascono da esigenze speciali dei clienti che, grazie alla nostra esperienza decennale nel campo della misurazione, sono state soddisfatte pienamente con lo sviluppo di nuovi prototipi.
Se anche tu hai bisogno di monitoraggio costante in condizioni particolari, contattaci! Svilupperemo insieme il data logger ideale per le tue necessità.