L’autoclave H2O2 (autoclave a perossido di idrogeno) è una presenza sempre più comune negli ospedali di tutto il mondo.
Ma di cosa si tratta? E perché è importante monitorarne la pressione?
Per rispondere a queste domande è necessario fare un passo indietro…
Il termine Autoclave è l’insieme della parola greca auto ‘da solo’ e della parola latina clave ‘chiave’. Quindi, significa letteralmente “si chiude da solo”.
Un nome che descrive perfettamente il funzionamento di questi strumenti.
Infatti, l’autoclave è un contenitore che, grazie alla differenza di pressione tra l’interno e l’esterno, permette alle sue componenti di rimanere stabilmente chiuse.
È il principio di base con cui funziona anche la pentola a pressione, che possiamo definire l’autoclave più comune in assoluto. Ma non è certo l’unica.
La tecnologia dell’autoclave ha molte applicazioni. Una su tutte, la sterilizzazione.
Le autoclavi per sterilizzazione si trovano in genere presso ospedali, cliniche dentistiche e produttori di forniture medicali per la disinfezione di svariati tipi di oggetti, dai ferri chirurgici alle protesi, dalla biancheria alle apparecchiature mediche. Ma perché l’autoclave è così utile per questo tipo di attività?
L’autoclave a vapore saturo è il sistema più comune per la sterilizzazione dei prodotti.
Una volta inseriti gli oggetti da sterilizzare, l’aria viene eliminata completamente dall’autoclave, avendo cura della rimozione anche dalle porosità del carico. In questo modo il vapore potrà penetrare ovunque e verranno evitati ristagni d’aria che possono rendere disomogenea la temperatura interna dell’autoclave compromettendo il processo di sterilizzazione.
Successivamente, l’autoclave viene scaldata fino a portare l’acqua ad ebollizione. In questa fase le particelle di acqua passano allo stato gassoso, trasformandosi in vapore acqueo.
Mentre l’autoclave si riscalda, le particelle di vapore che incontrano le particelle dell’acqua ancora liquida cedono il loro calore tornando allo stato liquido. Nel frattempo, altre particelle allo stato liquido passano allo stato gassoso.
Il processo si stabilizza quando il numero di molecole gassose è pari al numero di molecole liquide. Questa è la condizione nota come “vapore saturo”.
Al termine del processo di sterilizzazione, il carico viene raffreddato ed estratto dall’autoclave per essere poi asciugato con estrema cura. Infatti, eventuali ristagni d’acqua, specie se interni al carico, sono piccole oasi per eventuali batteri sopravvissuti o per i nuovi arrivati che possono colonizzare questo ambiente dopo la sterilizzazione.
Il processo di sterilizzazione con vapore è molto versatile ed efficiente. Viene impiegato ad esempio per l’igiene i ferri chirurgici.
Non è adatto, invece, per:
Fino a non molto tempo fa, per questo genere di prodotti era necessario accantonare le comode autoclavi per avvalersi di altri metodi:
Da alcuni anni gli ospedali possono avvalersi di una nuova possibilità.
Il perossido di idrogeno (H2O2), dal punto di vista molecolare, non è altro che acqua (H2O) con un atomo di ossigeno in più. Non essendo la condizione “normale” della molecola, i legami dell’atomo di ossigeno sono molto labili. Ciò comporta una spiccata instabilità di questa molecola, che tende a cedere facilmente l’ossigeno ad altri composti.
Il processo di sterilizzazione con H2O2 prevede, come nel sistema “classico” con il vapore, l’eliminazione completa dell’aria. Al posto dell’acqua viene però immesso perossido di idrogeno.
Quest’ultimo non viene riscaldato, bensì viene sottoposto a un forte campo elettrico che lo trasforma in plasma. Si tratta di uno stato della materia alternativo ai canonici stati solido, liquido e gassoso. Lo possiamo immaginare come un gas composto da atomi con un numero di elettroni sbilanciato. Gli atomi del plasma, per compensare lo sbilanciamento, si comportano come magneti, formando legami con atomi dalla carica elettrica opposta. Spesso gli atomi del plasma si impongono con così tanta forza da scardinare i legami delle molecole preesistenti, formando nuovi composti.
Questo è proprio ciò che accade in autoclave tra il perossido di idrogeno e gli enzimi e acidi nucleici degli esseri viventi. Il plasma innesca reazioni a catena con i composti organici. Dal punto di vista chimico, la sterilizzazione in autoclave è un vero e proprio smontaggio delle molecole che compongono virus e batteri. Terminato il processo, i danni riportati dagli esseri viventi sono così profondi da non permetterne la sopravvivenza. La sterilizzazione è avvenuta con successo!
Per tenere sotto controllo le condizioni dell’autoclave a perossido di idrogeno è importante misurare la sua pressione interna durante il funzionamento.
Un’azienda francese specializzata nella verifica di autoclavi si è rivolta a noi proprio per questo motivo.
Esaminando la richiesta del nostro cliente, abbiamo pensato inizialmente di proporgli il Pressure Disc 05. Tuttavia, ci siamo resi conto che non era sufficiente. In questo tipo di autoclavi infatti la pressione è estremamente bassa. Nessuno tra gli strumenti del nostro catalogo era adatto allo scopo. Era necessario crearne uno nuovo.
Lo studio del caso specifico ci ha portato all’idea di sviluppare un nuovo data logger basato sul principio del vuoto di Pirani.
Il fisico Marcello Stefano Pirani (che a dispetto del nome era tedesco) scoprì che era possibile calcolare la pressione atmosferica con una precisione molto alta basandosi sulla resistenza elettrica di un filo di rame. Come?
Partiamo dal fatto che il calore si trasmette dal contatto tra gli atomi. Più gli atomi entrano in contatto, più possibilità di scambi di calore ci sono.
Prendiamo quindi un filo di metallo attraversato da una corrente elettrica costante e una camera piena d’aria. Le molecole dell’aria scambiano il calore con le molecole del filo. Più molecole ci sono, più avverranno scambi di calore. Siccome la pressione dell’aria dipende dalla quantità di molecole presenti nella camera d’aria, sappiamo che c’è una correlazione tra scambio di calore e pressione.
Al tempo stesso, noi sappiamo che la resistenza elettrica del filo è proporzionale alla temperatura. Quindi, più è alta la temperatura del filo (e quindi più è bassa la pressione), più la resistenza aumenta.
La resistenza si può calcolare con la legge di Ohm, per cui V=RI (la tensione è pari al prodotto della resistenza per la corrente elettrica). Avendo sia il valore della tensione che quello della corrente elettrica, possiamo ottenere il valore della resistenza e quindi anche della pressione atmosferica.
Abbiamo parlato di questo argomento in questa scheda dedicata e nell’articolo dedicato alla liofilizzazione farmaceutica.
A seguito dell’intuizione di sfruttare il principio del vuoto di Pirani, abbiamo steso un progetto per mettere nero su bianco le esigenze del cliente, l’ambito di azione del logger e i dettagli tecnici necessari per ottenere il risultato richiesto.
Una volta individuato il sensore adatto, lo abbiamo montato nel prototipo di data logger e abbiamo svolto numerosi test di misurazione.
Il nostro cliente ha partecipato attivamente a questa fase, mettendo a disposizione le proprie autoclavi.
Rodato e perfezionato il nuovo strumento, lo abbiamo battezzato Pirani Vacuum Logger e abbiamo avviato la produzione, inserendolo ufficialmente nel catalogo.
Il data logger Pirani che puoi vedere nel nostro sito è nato proprio così! Siamo partiti da un’esigenza reale di un nostro cliente, su cui abbiamo lavorato per creare un prodotto nuovo.
La ricerca attiva di soluzioni a problemi reali è parte integrante del nostro lavoro e ci permette di fornire ai nostri clienti sistemi efficienti e perfettamente commisurati alle specifiche richieste.
Se anche tu hai bisogno di misurazioni molto specifiche e non trovi il data logger adatto a te, possiamo sviluppare la soluzione perfetta per le tue esigenze di misurazione.